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Gesù, nostra preghiera

"Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: 'Padre..." (Giovanni 17,1)

In due momenti importanti della sua vita, davanti alla tomba di Lazzaro e all'inizio della sua passione, il vangelo di Giovanni dice che Gesù prega. Non lo fa usando termini che vanno bene per noi - implora, supplica, domanda, chiede - ma annota semplicemente "alzati gli occhi al cielo, disse". Il suo è un colloquio diretto col Padre suo, un contatto continuo, abituale. Di solito i vangeli ne riferiscono qualche breve frase, tranne in questo capitolo, dove l'atteggiamento di Gesù sembra espandersi, a poco a poco, dalla sua persona fino ad abbracciare tutto il mondo: egli vede la sua opera di redenzione, che incomincia sulla croce, estendersi sull'umanità e trasformarla nella novità del regno dei cieli.


Per la sua missione

A questa grande preghiera, la più lunga registrata nei vangeli, fanno riferimento anche altre, sparse nella sua vita: quella nell'orto degli ulivi e quella sulla croce: secondo la lettera agli Ebrei (Eb 5,10), hanno una sola ispirazione: Gesù vuole vivere fino in fondo il suo sacerdozio per tutta l'umanità. Quando dice "glorifica il Figlio tuo" non domanda altro che di realizzare lo scopo per cui si è fatto uomo: liberare con il suo sacrificio il mondo dal male. La strada segnata passa attraverso la sua morte sulla croce, e proprio per affrontare senza timore questa prova suprema domanda di poter compiere la volontà del Padre, che in questa maniera viene a sua volta glorificato.

Accettare questa strada insanguinata invece della facile via del successo ripete, nell'orto degli Ulivi, la scelta già fatta nel deserto, prima di iniziare il suo ministero. È l'ubbidienza che lo ha "reso perfetto", cioè che ha portato a termine la sua opera di redentore. Per questo Dio lo ha proclamato "sacerdote per sempre": ogni rapporto che possa legare tutta l'umanità o anche una sola persona alla divinità deve passare attraverso di lui: "gli hai dato potere sopra ogni essere umano". Riflettiamo bene: la salvezza portata dal sacrificio di Gesù non è tanto legata all'asprezza dei patimenti che ha sofferto nella Passione, quanto a questa perfetta sottomissione all'amore del Padre.


Per i suoi amici

Subito dopo il pensiero di Gesù va ai 'suoi' apostoli. Anche loro devono accettare la condizione più difficile richiesta ai discepoli: affrontare la croce come parte quotidiana della vita. La mentalità del mondo [per il quale Gesù "non prega", perché i suoi adepti sono chiusi alla verità, e questo atteggiamento impedisce loro di ricevere la salvezza] rifiuta la via difficile: desidera il potere, il successo, l'appagamento di ogni capriccio. Sono sempre le tentazioni sofferte da Gesù che accompagnano i suoi discepoli per tutta la durata della vita.

Qui sta tutto il succo di quanto Gesù chiede per i suoi amici: che siano immuni da quella mentalità perversa, che fa dimenticare che l'esistenza non si chiude solo nei pochi anni del vivere quaggiù, ma deve raggiungere il traguardo luminoso di una vera felicità. Per questo prega "Consacrali nella verità", cioè fa' che questa verità diventi il loro sacrificio. Da una parte si sente tutta la ripugnanza, la resistenza, e molte volte la ribellione a questa legge così severa; dall'altra parte l'ispirazione e l'aiuto dello Spirito santo spingono verso di essa, perché si intuisce, sia pure confusamente, che è l'unica strada possibile. In certi momenti il contrasto, la lotta tra queste due tendenze è così forte che ci pare di essere in una vera agonia, come l'ha provata lui stesso nell'orto. Su questa vale l'invito di Gesù: 'Vigilate e pregate, per non cedere alla tentazione.'


Per noi

Poi lo sguardo di Gesù va oltre i suoi apostoli, e vede dietro di loro la schiera immensa di quanti accetteranno il vangelo: ci siamo anche noi. Che cosa domanda?
"Che siano una cosa sola". È il grande impegno di tutti quelli che accettano il cristianesimo. Anche qui bisogna avere le idee chiare. Troppe volte il problema dell'unità delle chiese cristiane è limitato a superare differenze teologiche o giuridiche. Sono questioni importanti, ma non dobbiamo credere che, una volta risolte (se pur si risolveranno), tutto sia compiuto. Non è solo o non è tanto il sentirsi una cosa sola, quanto realizzare nella nostra vita la distruzione di tutto ciò che divide: del peccato e del male, prima di tutto. Fino a quando li accettiamo non facciamo altro che seminare zizzania. Gesù ha iniziato l'era della riconciliazione vincendo i nemici (diavolo, peccato, male, morte) con il suo sacrificio ubbidiente sulla croce. Posto questo fondamento, possiamo perfezionare la nostra aspirazione all'unità cercando l'armonia dei sentimenti, la concordia su tante questioni che incontriamo nel vivere insieme, la collaborazione per una vera giustizia e l'aiuto per chi si trova in condizioni più disagiate.
L'ultima preghiera di Gesù non è solo rivolta al Padre: è anche un invito a tutti i cristiani perché facciano sempre più apparire nel mondo il radicale cambiamento incominciato con la morte e risurrezione di Cristo, fino ad arrivare alla trionfale conclusione dell'Apocalisse:
"Ecco io faccio nuove tutte le cose". (Ap 21,5)

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