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La vittoria di Gesù

"Il Principe di questo mondo sarà gettato fuori." (Giovanni 12,31) "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Giovanni 16,33)

Fa una certa impressione sentire queste parole dette da uno che sa della sua prossima condanna a a morte, che sarà eseguita nel giorno successivo. È ancora più stupefacente il modo con cui questa vittoria sarà realizzata. È in contrasto con tutto il nostro modo di vedere e giudicare le vicende della storia.


Vincere, cioè salvare

Quando finisce un conflitto, è perché il vincitore è riuscito s distruggere il nemico; tante volte anche a costo di gravi perdite proprie, tant’è vero che una guerra è sempre un tremendo castigo non solo per i vinti, ma anche per i vincitori.
Quando Gesù appare vincitore, dopo la sua risurrezione, non si preoccupa di distruggere il nemico, ma di salvarlo. Nessuno ha mai subito un processo o una condanna perché ha messo a morte Gesù. Pietro, che l’aveva vilmente rinnegato, è stato reintegrato nel suo rango di apostolo e di guida della nuova Chiesa. L’unico invito che i suoi nemici hanno ricevuto è stato quello di riconoscerlo per quello che era davvero, e così procurarsi la salvezza. È quanto è accaduto al più arrabbiato dei suoi avversari: a quel Saul che sulla via di Damasco è diventato il più fervente dei suoi discepoli.


Distruggere, cioè costruire

Il vero obbiettivo della vittoria di Gesù è di costruire un mondo nuovo. Quello che aveva trovato iniziando la sua missione poggiava su pilastri che davano ai suoi nemici l’illusione di essere invincibili. E invece crollano da soli. Si autodistruggono perché viene a mancare loro tutto ciò che fino a quel momento li sosteneva. Prima di tutto la falsità: pensavano di diffamare Gesù come un bestemmiatore, un agitatore politico, un nemico della legge: Poi, la prepotenza: la croce avrebbe fatto tacere e tolto di mezzo quel seduttore scomodo. E infine la sicurezza della propria posizione: Gesù sarebbe scomparso e loro restavano i padroni del campo.
Si sono sbagliati.

"Quando sarà venuto [lo Spirito Santo], egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non hanno creduto in me (ecco il loro rifiuto della verità); quanto alla giustizia, perché vado al Padre (invece di farlo scomparire, procurano a Gesù la gloria del Figlio di Dio); quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato" (verrà smascherata ogni tentazione diabolica e non sarà più fonte d’inganno). (Gv 16,8-10)

Se non ci lasciamo fermare dal linguaggio dell’evangelista, un po’ contorto per i nostri gusti, dobbiamo riconoscere che tutte le potenze, politiche, economiche, culturali apparse nel corso della storia hanno sempre seguito questa parabola discendente: man mano che per sostenersi ricorrevano a quegli illusori sostegni, sono miseramente crollate.
Con la sua vittoria, Gesù inizia un mondo nuovo.


Far nuovo, cioè mantenere

Dobbiamo capire bene il senso di questa "novità". Anche noi, quando vogliamo cambiare un vestito logoro, o un’auto usata, o una casa vecchia, ne vogliamo una ‘nuova’. Ma sappiamo già che, col passare del tempo, tutte le nostre cose nuove diverranno vecchie e anch’esse dovranno essere sostituite. Che è come dire: di nuovo, veramente nuovo, in questo mondo non c’è niente.
Con Gesù è diverso. Tutte le novità che lui porta non si deteriorano mai. Ha portato una dottrina nuova, insegnata con autorità (e la gente ne era rimasta stupita) e dopo duemila anni può benissimo rispondere ai problemi del nostro tempo. Ha fondato una Chiesa nuova e, come lui stesso ha affermato, ‘le potenze del male non prevarranno contro di essa’.
Coerentemente, quando San Paolo presenta ai suoi cristiani la risurrezione di Cristo ne ricorda il senso di novità. Ai Corinzi era nota una vecchia usanza ebraica: in occasione della pasqua tutto il pane vecchio doveva essere distrutto. Si doveva incominciare col nuovo, cotto senza il vecchio lievito. "Voi siete pane azzimo, e dovete camminare in una vita nuova". Dal momento che era una vita nuova, portata dal Cristo vittorioso, non poteva invecchiare, si sarebbe prolungata nell’eternità:

"Dio ci ha fatti rivivere con lui, con lui ci ha risuscitati e fatti sedere nei cieli." (Ef 2,5-6)

Anche il diaframma della morte, l’ultimo ostacolo che ci faceva riconoscere la nostra vita come vecchia e finita, viene a crollare:

"L’ultima nostra nemica ad essere annientata sarà la morte. Ma anch’essa sarà inabissata nella sua vittoria." (1Cor 15,26)

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