Anche quando tanti piccoli interessi distraggono la sua attenzione sulle cose più futili, non esiste uomo che, almeno qualche volta, non resti affascinato dalle bellezze della natura. Può essere la vastità del mare, o l’imponenza massiccia della montagna, o la malinconia di un tramonto, o la speranza di una nuova aurora: tutti, chi più chi meno, possono raccontare la varietà dei sentimenti che hanno assaporati.
Due modi di vedere il mondo
Il modo degli antichi di osservare il mondo era molto diverso dal nostro. Essi guardavano al creato come a un qualche cosa di perfetto, compiuto e immutabile. Gli Ebrei lo consideravano un’opera divina, alla quale niente andava più aggiunto: Dio, dopo aver creato "il cielo e la terra con tutte le schiere" di quanto in essi è contenuto, "si riposò". Gli ultimi capitoli del libro di Giobbe sono una descrizione vivacissima di tante meraviglie della natura, e davanti ad esse l’uomo deve solo chiudere la bocca e contemplare cose di cui non sa darsi neanche una spiegazione.
Noi invece, curiosi indagatori di archeologia, di astronomia e di tutte le scienze affini, vediamo l’universo come lo svolgersi,in milioni di secoli, di una natura sempre più complessa e differenziata. Possiamo poi osservare il progresso dell’umanità nelle scienze, nella tecnica, nella ‘globalizzazione’; e possiamo stabilire che non solo l’uomo, ma anche l’universo non è immobile: progredisce secondo un suo piano, secondo leggi che tante volte ci sfuggono, ma che possiamo in qualche modo intuire.
Sapienza e sapienti
Per la nostra fede, una ipotesi vale l’altra; quello che davvero importa è comprendere che tutto il cosmo, dalla vastità smisurata dell’universo alle più piccolo particelle sub-atomiche, realizzano il progetto di Uno che, tra le tante possibilità, ha scelto questa realtà che noi osserviamo, e la dirige con una profondità e con una potenza che sfuggono ad ogni nostra valutazione.
La Bibbia ci suggerisce questa idea quando ci presenta Dio che crea tutte le creature con la sua sapienza. Dopo l’esilio di Babilonia, nel libro sacro compaiono alcune opere che raccolgono le riflessioni di molti saggi che osservano lo svolgersi del mondo e la nostra vita di ogni giorno.
Sono i libri "sapienziali". In essi la Sapienza, che prima appare come una dote propria dell’onnipotenza divina, diventa anch’essa come una realtà viva.
Dio l’ha creata prima di ogni altra creatura: essa stava davanti a Lui come architetto e si rallegrava sempre davanti a Lui.
"Così furono creati gli abissi e le sorgenti d’acqua, le basi dei monti e le colline, la terra e i campi. Quando fissava i cieli, quando misurava la vastità dell’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava i limiti del mare, io ero là." (Prov 8,22-30)
I rabbini, commentando queste parole, identificarono la Sapienza con la Legge, che Dio ha poi inviato e donato al suo popolo prediletto, come fondamento dell’alleanza. Ma alcuni a poco a poco l’hanno vista con attributi sempre più personali, come Lògos (termine greco che vuol dire idea, concetto, parola, verbo), senza però capire chi fosse veramente e in che rapporto fosse con Dio.
Venne finalmente l’apostolo Giovanni, che ai primi cristiani raccontò così la sua esperienza:
"Ciò che era fin dal principio, il Verbo di quella vita che si è fatta visibile, che abbiamo veduta, contemplata e toccata con le nostre mani, noi l’annunciamo a voi." (1Gv 1,1-3)
In cammino verso di lui
Non è stato difficile, per l’autore del quarto vangelo, intuire chi era Gesù di Nazareth. Su indicazione del Battista, lui e Andrea un giorno l’avevano incontrato e seguito, e da quel momento erano diventati discepoli, avevano vissuto con lui, avevano visto le sue opere, la sua morte e risurrezione.
Era lui quella Sapienza che Dio aveva inviato all’umanità: "Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi."
Non è una creatura, sia pure la più grande di tutte:
"Il Verbo era fin dal principio, era presso Dio e ilo Verbo era Dio. Attraverso di lui tutte le cose esistenti sono state fatte, perché in lui c’è la vita." (Giov 1,1ss)
Riflettendo su questo inizio sfolgorante del quarto vangelo, i grandi teologi ci insegnano che non solo tutte le creature sono state fatte ed esistono ‘per mezzo di lui’, ma anche sono tutte finalizzate a lui perché lui è il modello nel quale si riassume tutta la bellezza e la varietà del cosmo (parola che indica proprio bellezza). San Paolo, nella lettera ai Colossesi, aveva già affermato:
"Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui." (2,16)
Dio crea il mondo guardando a suo Figlio, che ‘sta davanti a lui come architetto e gioia dell’univero’. Per noi c’è un percorso inverso: guardando la bellezza del mondo, possiamo risalire alla bellezza del modello sul quale il Padre lo ha creato. È la strada di due grandi Padri della Chiesa: Basilio e Ambrogio. Commentando i sei giorni della creazione, si soffermano su tante creature, grandi e piccine, e ci mostrano che da tutte possiamo imparare qualche cosa. Perché tutte hanno una loro piccola luce che ci rimanda alla luce vera, "quella che viene in questo mondo a illuminare ogni uomo."
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