Un po' di storia
Quando gli Ebrei conquistarono la terra d’Israele, si trovarono circondati da popoli che avevano già scelto la monarchia. Era una vicenda quasi spontanea. Prima, nella steppa, vivevano tribù di nomadi, dediti alla pastorizia, che vagavano di stagione in stagione cercando nuovi pascoli. Il loro vagabondare, senza una dimora fissa, impediva di intrecciare con le tribù vicine, anche se dall’origine comune, una struttura politica duratura. Ma quando un gruppo di tribù passò dalla pastorizia all’agricoltura si trovarono a vivere gli stessi problemi e a difendere gli stessi interessi. Così nella seconda metà del II millennio avanti Cristo si formarono i regni di Moab, di Ammon, degli Amorrei, di Edom e altri. Non avvenne altrettanto per gli Ebrei, che si erano insediati nella terra di Canaan: le loro tribù continuarono a vivere una vita autonoma, sotto la guida dei vari ‘Giudici’ che intervenivano per i piccoli contrasti o in caso di gravi pericoli. Il vincolo comune di unione era la stessa fede nel loro Dio, che li aveva riuniti nella Terra Promessa dopo aver vinto lui solo, "Dio delle schiere", il faraone e i nemici più pericolosi che avevano incontrato sul loro cammino.
Tuttavia, dopo alcuni secoli si sentì la necessità di un vincolo politico più stabile: molti, soprattutto al Sud, volevano un re. Altri visi opponevano, in nome della loro fede,che li spingeva a considerare il Signore come unico vero re d’Israele. Ancora forte durante il regno di Saul, questa opposizione si affievolì sotto Davide. I motivi furono due. Davide si considerò sempre scelto, consacrato da Dio, che restava il vero re del suo popolo; inoltre il profeta Natan aveva proclamato la legittimità della sua dinastia, destinata a durare per sempre davanti al Signore, che ad ogni successione proclamava al nuovo sovrano:
"Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio". (2Sam 7,14)
Questo particolare rapporto tra il re e la divinità era diffuso in tutto l’Oriente: il faraone d’Egitto si considerava stirpe divina, e tutti i re orientali attribuivano a sé onori come ad una divinità. Più tardi, attraverso Alessandro Magno e i suoi successori, la consuetudine arrivò fino a Roma, dove l’imperatore poté riunire sotto il suo dominio i popoli più diversi, legittimandosi col fatto di essere dio. (Per questo i primi cristiani furono perseguitati, perché per loro l’unico Signore era Cristo, e rifiutavano la divinità dell’imperatore).
Regno degli uomini e regno di Dio
Il compito più importante del re era amministrare la giustizia. Questo comportava ‘prendere decisioni secondo verità’, e siccome solo Dio può conoscere tutta la verità, i giudici venivano considerati ‘figli di Dio’ (Salmo 82,6). Il loro impegno era di una particolare attenzione ai poveri, vittime anche allora dei soprusi dei ricchi e dei prepotenti. Perciò chi testimoniava il falso era punito con la morte (ricordiamo la vicenda di Susanna, nel libro di Daniele) e il re che pronunziava sentenze inique era sotto il castigo di Dio (vedi Acab, che usurpò la vigna di Nabot).
Il libro dei Salmi, nella Bibbia, è quello che ci richiama molte di queste idee. Alcune di queste composizioni poetiche (i Salmi regali) venivano composte in onore di un nuovo sovrano, quando era accompagnato al tempio, consacrato,intronizzato e proclamato figlio di Dio. Il re era l’"unto" di Dio, titolo che corrisponde al termine ebraico ‘Messia’ e a quello greco ‘Cristo’. Se ne lodava la forza, la bellezza, la giustizia, si prevedevano le vittorie su tutti i suoi nemici, la sua stabilità e la sua potenza.
Ma un conto erano gli auguri e un altro la realtà.
I re che si susseguirono sul trono di Davide erano ben poca cosa, e molte volte indegni di quella carica. Quando Gerusalemme cadde, durante e dopo l’esilio, apparvero altri salmi ( i Cantici del regno di Dio) nei quali si esalta la sovranità del vero Dio che non si limita al popolo Ebreo, ma si estende a tutto il mondo: ‘il Signore viene a giudicare tutta la terra’. E tutte le creature l’accolgono con gioia: il mare freme, i fiumi applaudono, le montagne e le foreste esultano.
I maestosi salmi regali venivano ancora ripetuti nelle celebrazioni del tempio, di volta in volta, quando se ne presentava l’occasione. Ma si faceva sempre più strada la convinzione che quelle parole si sarebbero pienamente avverate solo alla venuta del vero salvatore inviato da Dio.
Fu facile quindi, per i primi cristiani, osservare che Gesù aveva compiuto, nella sua vita e nella sua missione, quanto era stato profetizzato nei salmi su di lui. Il Nuovo Testamento lo ricorda spessissimo. A Gesù Dio disse "Tu sei mio figlio, oggi ti ha generato." Davide, suo antenato, "lo riconosce come suo Signore". Sulla croce grida "Dio mio, perché mi hai abbandonato?". E dopo la sua risurrezione, "siede alla destra del Padre".
Gesù è il vero giudice del mondo:
"Il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre." (Gv 5,22)
La solennità dell’Epifania, compimento del Natale, è la prima festa della regalità di Cristo, e la liturgia attinge a piene mani a uno dei salmi trionfali:
"Regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi popoli con rettitudine.
Il suo regno durerà quanto il sole, quanto la luna, per tutti i secoli.
A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni.
Egli libererà il povero che invoca e il misero che non trova aiuto.
In lui saranno benedette tutte le stirpi della terra e tutti i popoli lo diranno beato". (Sal 72)
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