L’accenno che s. Ambrogio fa sulla premura di Maria nella sua permanenza presso Elisabetta ci suggerisce di fermare qualche istante la nostra attenzione su quest’aspetto della spiritualità di Maria.
La bontà nasce dall’umiltà, ma fiorisce quando non solo ci mettiamo alla pari con il nostro prossimo, anche col più disprezzato, ma rivolgiamo la nostra attenzione su di lui, su quanto ha bisogno e non aspettiamo neanche che ce lo chieda.
Più degli altri, è il vangelo di Giovanni che ci fa intuire la bontà di Maria. Parla due volte della madre di Gesù: alle nozze di Cana e sotto la croce. Un sottile legame unisce i due episodi, anche nelle parole usate. Tutte e due le volte si parla dell’ora suprema, quella in cui il Salvatore compirà la salvezza del mondo: a Cana la si annuncia, sul Calvario si compie. In tutte e due le volte, si manifesta la ‘gloria’ del Signore: prima, perché i discepoli credano; poi perché tutto sia attirato a lui.
Alle nozze risplende la tenerezza di Maria: non vuole che quei due sposini facciano una figuraccia che potrebbe segnare per sempre il ricordo del loro momento più importante. Lei, pur così schiva di apparire madre del Messia, prende l’iniziativa di forzare la potenza di Gesù.
Sotto la croce, se ne rivela la ragione: lei è la ‘madre’. Gesù la proclama in quel momento; Maria però è la madre di tutti i viventi da quando è madre del Figlio di Dio che unisce a sé l’umanità: non si può essere madre del capo senza esserlo anche di tutto il corpo.
La regina che dona
Una prova della bontà di Maria si può avere ricercando nella storia della Chiesa la fiducia che il popolo cristiano ha sempre avuta in lei e che nel dipanarsi dei secoli l’ha vista nella sua differente premura nell’aiutare i suoi fedeli.
Già sui resti della casa di Nazareth compare un graffito antichissimo con le prime due parole dell’Ave Maria. La devozione a Maria è nata insieme col cristianesimo.
Subito dopo le persecuzioni, in Occidente appaiono tante chiese intitolate a Maria. A Roma, delle quattro grandi basiliche, quella che ancora conserva la struttura originaria è Santa Maria Maggiore (S. Maria ‘al presepe’). Lo stesso titolo porta pure l’antica chiesa centrale di Milano:se ne vedono alcune fondamenta sotto l’ingresso del Duomo.
Le prime raffigurazioni prediligono l’adorazione dei Magi: nei bassorilievi dei sarcofagi, nei mosaici della chiesa della natività a Betlemme o delle processioni di Ravenna Maria è la Madre e Regina in trono che offre al mondo il Salvatore. L’arte bizantina prosegue su questa strada ancora a lungo.
La madre che difende
In Occidente dopo il Mille compare San Bernardo che scandaglia anche i sentimenti umani di Maria, e ne abbiamo un’eco nella Salve Regina. San Domenico diffonde la preghiera del Rosario, salterio degli umili analfabeti. San Francesco è il devoto dell’umanità di Gesù, dalla nascita alla morte. Ora la figura di Maria è la madre del Bambino del presepio oppure l’Addolorata vicino al Figlio sul Calvario.anche quando appare nelle solenni "Maestà" del Trecento esprime una soavità materna che sostituisce l’immobile rigidità bizantina. E fin nella lontana Russia appaiono le icone di Santa Maria della tenerezza. Maria entra nelle Sacre Rappresentazioni, nelle Laudi di Jacopone e delle confraternite, o al culmine della poesia di Dante e del Tetrarca. Diventa la "Madonna" per antonomasia.
Nasce poi nei conventi delle Fiandre e subito si diffonde l’intimità della "devotio moderna" (quella che ci ha dato l’Imitazione di Cristo) e la preghiera personale e privata si affianca a quella liturgica: è il tempo delle soavissime Madonne del Quattrocento: piccoli quadri che entrano nelle case e donano un segno tutto particolare di protezione e di aiuto.
Subito dopo si scatena la Riforma luterana che in nome di un falso cristocentrismo vorrebbe eliminare la devozione mariana. Sorgono tanti santuari appena al di qua delle Alpi che vorrebbero quasi segnare una linea di confine e di difesa contro l’eresia: Oropa, Varallo, Saronno, Rho, Imbersago, Caravaggio, Tirano...
Un altro grave pericolo è dato dall’impero ottomano che conquista Costantinopoli e arriva per mare fino ad Otranto, mentre nei Balcani conquista l’Ungheria e arriva alla Slovacchia. La vittoria di Lepanto sul mare (1571) e poi quella, ancora più stupefacente, sotto le mura di Vienna (1683) sono attribuite a Maria. Danno origine alla festa del Rosario e a quella del nome di Maria, la madre che difende e salva il popolo cristiano "terribil come oste schierata in campo".
È il momento del trionfo di Maria. Gli artisti ci presentano l’Assunta: nelle grandi pale d’altare o nelle cupole, trasformate in gironi festosi d’angeli e santi che accolgono la regina del cielo.
La vergine che guida
Nella cultura degli ultimi secoli appare sempre più un pauroso distacco da Dio. Si diffonde "il peccato" nella sua forma più radicale: scetticismo, incredulità, ribellione, ateismo. Il male si annida nei cuori e distrugge le persone, nell’anima e nel corpo.
La Madonna non si accontenta di intercedere e di pregare per noi, come faceva nel cenacolo insieme agli apostoli.
Non ci sono da vincere eserciti e flotte ma l’insidioso serpente che inquina il pensiero e le coscienze.
Così nelle grandi apparizioni degli ultimi due secoli Maria si fa evangelizzatrice: invita alla conversione, ottiene guarigioni e spinge le moltitudini a dare gloria alle opere di Dio.
Come Gesù nel vangelo, non distingue troppo tra miserie materiali e spirituali: tutte hanno origine dall’unico peccato che sta all’inizio dell’umanità. Lì c’è l’annuncio della tremenda guerra tra bene e male che squassa sempre la vicenda umana. E ci sono i protagonisti: da una parte il serpente (richiamato anche dall’Apocalisse quando è precipitato dal cielo con la terza parte delle stelle) dall’altra la donna e la stirpe della donna, realizzate nella maniera più alta da Maria e Gesù.
Gesù è venuto a liberarci dal male, da tutti i mali; Maria nei suoi nuovi santuari manifesta la sua intercessione nella stessa linea: libera dai mali del corpo, consola la sofferenza, risveglia la fede. Questo lo può fare in una maniera del tutto eccezionale, perché Lei, dal peccato, origine del male, non è stata neppure sfiorata: viene salutata da tutta la Chiesa come l’Immacolata (1854). Un titolo che tanti antichi scrittori supponevano incluso, quando difendevano la perpetua verginità di Maria: un corpo integro non poteva essere che il riflesso di un’anima senza colpa.
Un simbolo
E’ quanto accadde quattro anni dopo, quando la ‘Signora’ aveva confidato a Bernadette la sua identità: ‘Io sono l’Immacolata Concezione’. Possiamo considerare storia di Lourdes come il simbolo, il tipo di tutti gli altri santuari moderni. Non fermiamoci agli aspetti più appariscenti e folcloristici.
Qual è il suo profondo messaggio?
Franz Werfel, in Bernadette fa dire a uno dei suoi personaggi che Lourdes sarebbe diventata il ricettacolo squallido di tutto il marcio del mondo: le più terribili malattie, le forme più ripugnanti si sarebbero date convegno là. In attesa di un miracolo, che forse non sarebbe mai venuto.
Ma in genere, anche quelli che ritornano senza la sospirata guarigione trovano una insospettabile serenità: capiscono che il loro dolore non è una maledizione e non sarà sopportato invano.
La sofferenza degli innocenti (cento anni dopo Don Carlo Gnocchi lo proclamerà soprattutto per i bambini) è un tesoro che la Chiesa deve comprendere e valorizzare. Non solo per lenire il male e possibilmente vincerlo. Ma per ricostruire quelle persone umane che proprio per la loro esperienza del dolore hanno acquistato capacità morali e spirituali che difficilmente si incontrano in persone sane.
In più c’è un’altra sorgente di grazia.
Dai primi gruppi che si sono formati per trasportare e servire gli ammalati nel lungo viaggio verso la Grotta si sono sviluppate tutte le innumerevoli associazioni di volontariato che oggi sono, nella Chiesa, uno stupendo segno di carità e un riflesso della bontà di Maria.
C’è infine un messaggio più genuino anche per le malattie dell’animo: dubbi, oscurità, incredulità, disperazione.
Se per le guarigioni del corpo c’è il ‘Bureau des constatations’, nessun ufficio può contare le conversioni, guarigioni spirituali ben più difficili delle altre.
Uno sgranare di litanie
Regina, Madre, Vergine. I tre titoli che hanno fatto da guida nella nostra riflessione sono gli stessi che fanno da supporto alle notissime litanie della Madonna, iniziate e composte nella sua casa di Loreto. ‘Regina’ richiama la sua gloria in cielo; ‘Madre’ e ‘Vergine’ la sua vita in terra.
Prima di accoglierci nella sua gloria di regina, ci sono quattro invocazioni: altrettanti impegni che Maria vuole compiere verso di noi, ricordati nelle litanie proprio prima che incominci il titolo di regina.
Salute degli infermi: una delle invocazioni più frequenti appena qualcosa incomincia a scricchiolare.
Rifugio dei peccatori: lo sanno bene i sacerdoti quando incontrano persone che non si confessano da tempo immemorabile: un primo spiraglio per penetrare in certe coscienze è qualche frase dell’Ave Maria imparata da piccoli e non dimenticata.
Consolatrice degli afflitti: molti a lei non domandano grazie; non ne hanno più il coraggio. Vogliono solo ascoltare e farsi ascoltare da chi ha sofferto come loro: ‘Tu pur, beata, un dì provasti il pianto’.
Aiuto dei cristiani: le nuove povertà del nostro tempo, le preoccupazioni per il lavoro, l’avvenire dei nostri ragazzi, la ricerca di una casa, la saldezza di una famiglia...sono le nuove grazie che oggi si domandano a MariaRicordiamo...
Questi impegni sono universali: la Madonna li esercita dappertutto, e non solo nei suoi santuari. E neppure vuole essere sola nel venire incontro a tutti quelli che hanno bisogno di lei.
Non ha esitato ad apparire nel luogo in cui si sarebbero dati convegno tutti i mali dell’umanità per invitare Bernadette a cooperare con lei alla salvezza di tanti smarriti sulle vie del male. Le ha assegnato un programma:
"Penitenza, penitenza, penitenza."
"Pregate per i peccatori."
"Vi prometto di rendervi felice non in questo mondo, ma nell’altro."
Se riflettiamo un momento, è, nella sostanza, lo stesso invito che ha rivolto ai pastorelli di Fatima e che loro hanno realizzato con una generosità commovente.
Non solo loro sono coinvolti: quanti vogliono impegnarsi a diffondere nel mondo attuale un nuovo soffio del regno di Dio devono cercare di mettersi sullo stesso cammino.
Proprio come la nostra Lucia, che dopo un anno e un mese di sofferenze (un cancro alla schiena!) è morta alla sera della vigilia del 25 Marzo 1999, pochi giorni dopo aver fatto il bagno in piscina, da cui è uscita moribonda. Domandava alla Madonna un miracolo: ‘Sento che tutto quanto sto passando ha un senso, anche se io non lo so...’ E’ il senso della volontà di Dio che ci vuole "santi e immacolati al suo cospetto, nell’amore". (Ef 1,4)
Ecco un altro dei suoi pensieri:
‘Lucia, ricordati sempre che Dio ci ha dato dei semi; dopo la morte dobbiamo restituirgli un grande giardino fiorito’.
Con Lucia, il nostro ricordo si allarga a tutti gli altri amici che ci hanno lasciato: a Carletto, Maurizio, Suor Rosa, Walter, Paola, Italo...
Anche a ciascuno di loro Dio ha affidato dei semi, degli impegni non sempre facili e leggeri. Hanno già portato i frutti di quanto Dio aveva seminato nel loro cuore.
Alcuni di questi doni sono segnati col sangue.
Sono quelli che brillano di più.
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