LA MODERNITA':
QUANTE SORPRESE !
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Vi racconto
quali sono state le mie più grandi meraviglie quando sono tornata
ad abitare a Genova. Avevamo sempre usato le candele e il lume a petrolio
per l'illuminazione. Non vi dico quale fu la mia meraviglia quando, schiacciando
un bottoncino vidi illuminarsi una pera di vetro, ma così tanto,
che si poteva vedere dappertutto. Mi domandai: come sarà che un
piccolo filo che corre sulle pareti e sul soffitto, possa far viaggiare
così in fretta tanta luce? Lo stoppino delle candele o del lume
era fioco, faceva un fumo nero che ci tingeva l'interno delle narici del
naso, e qui...niente! solo luce! Che bellezza, non sarebbe stato più
necessario andare a letto all'ora delle galline!
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Un'altra
meraviglia: il grammofono! Mio papà aveva una bellissima
voce; qualche volta cantava accompagnandosi con la chitarra. Durante
l'ultimo periodo della guerra, per fare una sorpresa alla mamma
quando sarebbe rientrata a casa, aveva acquistato questo strano
oggetto. Alzavi il coperchio, mettevi incastrato nel perno centrale
un piatto nero che si chiamava disco, abbassavi una leva con una
testina e una puntina messa lì per grattare il disco e usciva
la voce del cantante e la musica. Era una magia! Papà aveva
una collezione di questi dischi: con canzoni di Carlo Buti, Beniamino
Gigli e altri. Ma la canzone che piaceva di più a mamma e
papà era questa"Il primo amore non si scorda mai".
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Il
papà lavorava presso un magazzino di ferramenta da 40 anni.
Il padrone lo teneva molto caro, perché papà era bravo
nel suo lavoro, nel magazzino faceva tutto lui, da scaricare le
casse, a sistemare gli scaffali, a prendere gli ordini, a preparare
la merce. Pensate che se andava da lui un cliente e gli chiedeva
la ferramenta per costruire una casa di diversi piani, lui sapeva
tutto quanto era necessario per farla. Inoltre il padrone lo pagava
molto poco, lo so perché sentivo spesso la mamma lamentarsi
che non le bastavano i soldi. Conveniva al Sig. Giobatta tenere
solo lui come dipendente! In compenso, la moglie del padrone era
gentile: a Natale ci invitava, la mamma, mia sorella ed io, per
darci un regalo. Di solito era un torrone. Per salire al suo piano
avevamo preso l'ascensore: che divertente! Nel corso di una di queste
visite, la signora Iside ci fece vedere la casa. Che mobili tutti
intarsiati! Che tendoni! Quando ci mostrò il gabinetto, restai
a bocca aperta: era una stanza! E poi c'era una grande vasca tutta
bianca: a cosa poteva servire? Lo domandai ed ella per tutta risposta
fece scorrere l'acqua dal rubinetto per spiegarmi che lì
dentro si poteva fare il bagno. Come avrei voluto provare! Che curiosità!
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Non
vi dico poi la mia sorpresa quando vidi il primo tram: che bello,
assomigliava al treno, era solo un po' più piccolo. Noi bambini
potevamo salirci come su una giostra e girellare un po' per la città...
Lo facevamo spesso, quando il pomeriggio uscivamo sulla strada per
giocare e non avevamo in mente qualche altro gioco.
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Un giorno vidi passare una chiocciolina
che andava motore, era molto elegante: aveva persino le tendine
ai finestrini. Vi potevano salire solo i signori eleganti. Era un'automobile,
una Topolino: divenne uno degli oggetti del desiderio, per me.
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Un
giorno papà mi portò con sé a visitare il magazzino
dove lavorava. Al centro c'era una gabbia di vetro: era l'ufficio.
Il padrone, quando mi vide, mi fece entrare. Mi guardai intorno
incuriosita: c'erano carte un po' dappertutto. A un tratto fui spaventata
da uno squillo e vidi il Sig. Giacinto alzare una cosa nera e appoggiarla
all'orecchio. Poi cominciò a parlare, col tono di chi sta
discutendo con qualcuno. Chi poteva essere che parlava con lui,
visto che nel magazzino non c'era nessuno e che quell'oggetto nero,
tipo cornetta, era attaccato a un semplice filo? Seppi dopo, da
papà, che quello era il telefono!
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La prima volta che papà
ci portò al cinema, quasi svenni per l'emozione. Era una stanza
grande grande con un telone bianco in fondo. Quando si spensero le
luci la tela bianca era scomparsa e c'erano delle figure che si muovevano
come se fossero state vive, ma molto più grandi del normale.
Sotto le figure apparivano delle scritte che non riuscivo a leggere,
andavano troppo veloci, però la storia di Cric e Croc era divertente,
si comportavano un po' come i pagliacci dei saltimbanchi che spesso
venivano nella piazzetta sotto casa mia a fare spettacoli. I pagliacci
si chiamavano Padella e Fagiolino e non si pagava come per andare
al cinema: alla fine dello spettacolo, la gente tirava delle monetine
al centro della pista. Per noi bambini era uno spasso: potevamo ridere
e divertirci senza spendere niente! |
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Allora
il mare arrivava fino a Castello Raggio, in quel di Cornigliano.
Noi bambini, indossato il costume che ci facevano le nostre mamme
con abiti smessi dai loro, ci incamminavamo in truppa sotto il
tunnel della fogna che ben presto ci conduceva a Cornigliano,
senza dover fare il giro della città. Giunti sulla spiaggia
ci spogliavamo e ci gettavamo a mare facendo a chi aveva il coraggio
a chi andava più lontano. Io ero sempre la più spericolata.
A volte facevamo i tuffi e cercavamo di staccare le cozze dagli
scogli per portarle a casa per cena.
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Una
stranezza: gli ultimi cavalli in città. Quando per via
Vicenza, molto in salita, passava un carro pieno tirato da due
cavalli, noi bambini eravamo tutti lì a osservare i cavalli
che scivolavano sulle pietre del selciato mentre i ferri degli
zoccoli lanciavano scintille: quanto ci divertivamo a vedere i
cavalli fare tutta quella fatica!
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Viva
le banane! Avendo vissuto parecchio in campagna, di frutta me
ne intendevo ma le banane non le avevo mai viste. Un giorno ero
in compagnia della mamma, vidi in una vetrina quelle strane cose,
e alla mia domanda di che cosa fossero la mamma rispose che erano
dei frutti molto buoni e dolci che venivano da lontano. Presa
dalla curiosità chiesi alla mamma di comprarne almeno una
per farmela assaggiare, ma non fui accontentata perché
eravamo poveri e mancavano i soldi per comprarla.
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Il gelato. In
città si trovano tutte le novità del mondo. C'era
un omino vestito di bianco, che d'estate passava per le vie con
un carrettino pieno di gelato. Non sapevo che cosa fosse ma quando
lo assaggiai per la prima volta capii che era veramente un dolce
eccezionale. |
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Le fiere. In ogni
quartiere della città c'era la tradizione di festeggiare
il Santo Patrono con la processione e molte bancarelle piene di
ogni ben di Dio. Papà ci accompagnava molto volentieri a
queste sagre e ci comprava sempre le noccioline coperte di caramello
o le collane di nocciole col guscio chiamate "reste".
Noi bambini ci abbuffavamo su questa frutta secca e spesso facevamo
indigestione. |
La castagna. Era
la località posta in cima alla collina dove seppellivano
i morti. Però era un luogo allegro, perché c'erano
tante osterie che facevano da mangiare per i gitanti della domenica.
C'erano anche giochi da bocce e gruppi di cantori che facevano dei
cori bellissimi.
Mio papà mi insegnò a mangiare le lumache al forno
che venivano raccolte in cimitero.
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La trippa, la farinata, i muscoli
e i polpi. Vi erano degli strani negozi, dove si potevano gustare delle
novità (almeno per me!) Il trippaio: era un negozio con un grande
bancone di marmo, tavolini anch'essi di marmo (sembrava una sala operatoria!)
per la consumazione e un grosso pentolone sempre in ebollizione.Il profumo
della trippa che bolliva si spandeva sul marciapiede. In questo negozio
si spendeva pochissimo, ti davano una tazza di brodo di trippa con qualche
pezzettino di foiolo dentro, un panino e chi aveva appetito poteva saziarsi.
Il negozio della farinata era sempre affollato, perché all'ora di
pranzo o cena, la gente faceva la coda per acquistare con pochi spiccioli
un cartoccio di farinata di ceci che, peraltro, era davvero gustosa.
Al porto c'erano invece dei luoghi sotterranei, ai quali si accedeva attraverso
una scaletta buia, dove in continuazione, appena pescati, venivano cotti
polipi e molluschi: anche lì c'era affollamento, in particolare di
uomini che lavoravano al porto, e fu in quell'antro che per la prima volta
assaggiai un "muscolo" appena scottato con tanto limone spremuto
sopra: al momento mi fece un po' schifo! Adesso ne sono ghiotta. |